La società d’oggi ha subito e sta subendo profonde trasformazioni ed è caratterizzata da un continuo e veloce cambiamento che rende sempre più difficile trovare punti di riferimento contenitivi e di appartenenza, sia a livello familiare, amicale, lavorativo, sociale, che personale, affettivo. Anche la mancanza di ideologie, la religione e la politica, che prima potevano contribuire a dare un orientamento, una direzione alla propria vita sono venute a mancare. Questo ha portato a dire al sociologo Bauman che oggi viviamo in una società liquida in costante evoluzione dominata dall'incertezza e dall'individualismo, incertezza alla quale ha contribuito lo sviluppo tecnologico e dei media, che hanno portato “nuove” forme di dipendenza (che escludono l’uso di sostanze), come ad esempio dipendenza dai social network, videogiochi, internet. Lo sviluppo della tecnica ha fatto credere all'uomo che la sua soddisfazione e la sua felicità dipendano dal consumo dell’oggetto d’uso presentato dal mercato come soluzione dei problemi alla propria dolorosa esistenza. Questo è un modo per evitare illusoriamente la sofferenza psichica, distogliendo l’attenzione dal proprio mondo interno teso a perseguire i propri desideri e i propri sogni legittimi.
L’oggetto che propone il mercato non riempie la propria mancanza, né tanto meno il vuoto esistenziale, non porta alla felicità, non soddisfa mai pienamente, ma è piuttosto qualcosa, come dice Lacan, che svuota e rende i soggetti dipendenti dagli oggetti. Come dice Massimo Recalcati, l’oggetto costituisce una sorta di antidolorifico che placa i sentimenti e le emozioni. La mancanza (da cui scaturisce il desiderio) è una parte costitutiva dell’uomo, e non può essere riempita da oggetti.
Oggi sappiamo che il disagio psichico non è svincolato dalla cultura a cui appartengono le persone, cultura che tende a ignorare la legge del padre, per cui non vi è più una guida dell’ideale, con conseguente perdita del concetto di legge, di limite e di confine, che rende le persone più confuse e impedisce loro di accedere alla dimensione del desiderio e alla progettazione autentica del proprio futuro.
Viviamo in un tempo dell’innovazione tecnologica, che se da un lato induce stress, noia e vuoto, dall'altro, stimola la gratificazione immediata in un
eterno presente senza passato, ne futuro, in quanto il futuro è percepito minaccioso e non più come promessa, questo indurrà molti a provare ansia e ad evitare ogni cambiamento, finendo per accontentarsi a vivere una vita misera senza prospettive.
La vita emozionale viene vissuta come qualcosa di pericoloso da cui può scaturire tutta una serie di disturbi, come i disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi alimentari, depressivi e tanti altri ancora.
A questa situazione si è aggiunta l’evento pandemico, del Covid-19, determinando un trauma individuale e collettivo nell'ordine dell’impensabile, cogliendoci impreparati in quanto inatteso, determinando una discontinuità della nostra esistenza, alimentando precarietà e incertezza circa la sopravvivenza di ognuno di noi e dei nostri cari. Esso ha distrutto i nostri riferimenti a cui noi tendiamo, il tempo, lo spazio, nonché la routine della nostra quotidianità inerente il lavoro, la famiglia, l’assistenza sanitaria, l’organizzazione scolastica e le nostre relazioni amicali, costringendoci a vivere in un tempo sospeso che ci disorienta e ci interroga. Siamo stati travolti da un’angoscia di morte, da un trauma senza difesa in quanto è venuto a mancare lo schema fondamentale con cui noi ordiniamo la realtà, distinguendo il noto dall'ignoto, l’amico dal nemico, l’estraneo dal familiare. L’evento traumatico inatteso, potenzialmente dannoso, tragico per la nostra salute, per la nostra vita e per quella dei nostri familiari, ci ha indotto a vivere una condizione di isolamento sociale, di stress persistente e di paura, in quanto ci troviamo ad interagire con un nemico che non ha volto, che non è localizzabile, e che può essere potenzialmente presente ovunque, al di fuori del visibile e del percepibile.
Di fronte alla percezione di una minaccia della propria integrità fisica reale o temuta, la reazione più comune è la fuga, ma quando questa è impossibile, vana o inutile, la persona sperimenta un sentimento di paura, angoscia, impotenza, che può generare stati d’ansia, disturbi di panico e del sonno, sintomi depressivi e provocare risposte irrazionali e comportamenti disorganizzati o agitati. Questi sono tutti sintomi che testimoniano la destabilizzazione del quadro ordinario delle relazioni.
La situazione pandemica, ha improvvisamente e violentemente fatto la sua comparsa sulla nostra vita e sui nostri ritmi della quotidianità mettendo a dura prova la tenuta del funzionamento psichico di ogni individuo. Infatti, ha indotto molte persone ad attuare comportamenti di difesa, a tenere le distanze, a proteggersi dall'altro che immaginariamente e potenzialmente personifica il male, e che può danneggiarci, così l’estraneo che è in noi viene proiettato all'esterno per mezzo di vissuti paranoici che vengono alimentati da una giusta causa.
L’altro è temuto, visto con sospetto e diffidenza; tutto ciò riduce la vita dell’uomo a una pura sopravvivenza fisica con pesanti ripercussioni sul piano individuale, emotivo e psicologico.
L’attuale condizione pandemica ha costretto improvvisamente molti ragazzi a vivere buona parte del loro tempo in famiglia, all'interno delle abitazioni “una condizione potenzialmente regressiva”. Questo ha comportato spesso a dover rimodellare i propri tempi e modificare l’utilizzo degli spazi abitativi, facendo convivere le diverse necessità della famiglia, come lavoro, scuola, e cura per la casa. Le stanze che prima erano adibite a compiti precisi, sono diventate improvvisamente troppo piccole e affollate come per esempio la cucina che ora viene invasa da fredde immagini al computer, piuttosto che dedicati alla comunicazione di relazioni private e intime. In poco tempo i ragazzi si sono dovuti adattare a vivere i nuovi ritmi della quotidianità in uno spazio ristretto sia fisico, relazionale che mentale.
Già prima dell’evento pandemico (e ancor più dopo) molti ragazzi manifestavano un certo disagio, preoccupazione, vivevano la famiglia con indifferenza, si sentivano smarriti per aver perso un punto di riferimento nella propria famiglia, a causa di ansie genitoriali proiettate sui figli, così pure come la tensione per conflitti legati a condizioni lavorative precarie, questioni economiche, per la mancanza di certezze per il futuro e lutti reali e o temuti. La coppia genitoriale è stata lasciata sola a gestire la famiglia che, sempre meno riesce a seguire i figli, e ad offrire loro un ambiente dove sentirsi ascoltati, rassicurati e sostenuti nella sofferenza in un difficile momento di crescita individuale, di soggettivazione e di socializzazione, ma unici garanti nello scandire i tempi del vivere, di sicurezza, vicinanza, contenimento, di infondere speranza e incoraggiare le proprie aspirazioni.
Una buona interazione familiare richiede sempre una continua rinegoziazione degli equilibri, dei legami fra i suoi membri in base al ciclo vitale che la famiglia sta attraversando in un dato momento, in modo da evitare interazioni conflittuali che possano generare sofferenza.
Il trauma collettivo ha fatto riemergere paure profonde, spesso gli adolescenti manifestano la perdita di un vissuto rassicurante come quello che poteva offrirle la scuola, quale punto di riferimento rappresentato dall'insegnante in presenza che dà regolarità e ritmo alla giornata, al di là della famiglia e di fiducia nelle proprie capacità, per cui prevale la paura di essere abbandonati e lasciati soli ad affrontare il mondo, a comprendere il significato delle regole e divieti, soli a vivere un isolamento e una separatezza che ancora molti non sono nelle condizione di poter tollerare e gestire proficuamente. Per cercare di colmare il vuoto formativo a cui i ragazzi sono esposti, la scuola si è dotata della didattica a distanza a cui gli studenti hanno dovuto aderire, ma con molte difficoltà; si sentono smarriti e demotivati.
Per molti ragazzi il distanziamento fisico dovuto al Coronavirus coincide con quello emotivo, e porta all'isolamento anziché all'opportunità di relazioni e d’incontro.
A questa situazione i ragazzi hanno cercato di porvi rimedio rimpiazzando la perdita delle relazioni attraverso l’uso dei social, tuttavia c’è un diffuso sentimento di essere stati abbandonati, lasciati soli dalle istituzioni a sperimentare un vissuto di solitudine e difficoltà emotive.
In alcuni giovani è apparso un nuovo e imprevisto pensiero, la consapevolezza del significato della solitudine e della morte, Eros e Thànatos emergono in maniera palese e conflittuale, libido, vita e angoscia di morte.
Il protrarsi dell’utilizzo della Dad, nel tempo, ha creato disinteresse e porta ad un sovraccarico emotivo, che in alcuni casi si manifesta con malinconia, stress, noia, distacco, disturbi alimentari, comportamenti autolesivi, tentativi di suicidio e persino ad numero crescente di ragazzi ricoverati in ospedale o che abbandonano la scuola.
Se prima del Covid-19 per alcuni adolescenti, la scuola poteva essere vissuta come una costrizione, oggi si è passati a desiderarla, ai ragazzi manca il rapporto diretto e fisico con i coetanei e gli insegnanti.
La sospensione della didattica in presenza ha gettato molta incertezza sul futuro dei ragazzi rendendoli molto più insicuri e fragili.
Il sentimento di desiderio che solitamente manifestano le persone è un movimento di apertura verso l’altro, ma la situazione pandemica ancora non completamente risolta, di privazione della libertà, sta mettendo a dura prova ogni individuo e logorando le risorse emotive più profonde, al di là di ogni età, facendo sperimentare un senso di solitudine, una angoscia di impoverimento depressiva, inerente alla precarizzazione della vita che si associa a crisi di panico e a fenomeni di insonnia. Il permanere di questa situazione pandemica sta portando le persone a sviluppare un nuovo sintomo, cioè, quello che porta a rinchiudersi nella propria casa per non dover sopportare il peso psichico di doversi relazionare con gli altri.
La sfida di questi tempi è che vi sia l’illusione che coltivare relazioni virtuali possano servire per creare legami autentici e stabilire significativi rapporti interpersonali.
Sappiamo oggi quanto sia importante ridare valore alla parola, all'ascolto, al potersi incontrare fisicamente, al parlare vis à vis, all'esprimere le proprie emozioni, le proprie difficoltà e desideri.
Per questo il terapeuta attraverso l’uso della parola, favorisce la costruzione di una relazione e supporta le persone che stanno vivendo una situazione di difficoltà e di sofferenza (di qualsiasi tipo), a sperimentarsi in un percorso psicoterapeutico di crescita personale nell'interazione con l’altro (a/A).